A cura di don Claudio Centa

1354, papa Innocenzo VI nomina il vescovo di Feltre e di Belluno

«L’histoire se fait avec des documents…», con quel che segue!

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Lettera apostolica in forma esecutoria (litterae exsecutoriae, litterae cum filo canapis) di papa Innocenzo VI, il quale nomina vescovo di Feltre e di Belluno Giacomo Goblin.
Avignone, 1354 novembre 21
A. Originale, pergamena, cm 54,2 x 36,2, plica cm 9,3.
Sigillo plumbeo (bulla), rotondo (Ø cm 3,7) pendente con filo di canapa.
Belluno, Archivio Diocesano, Sezione I, Vescovi, busta 2, fasc. 17.

Con questa puntata cominciamo ad addentrarci nell’Archivio Diocesano di Belluno (dalle prossime puntate ADB), dopo esserci soffermati per sette puntate in quello di Feltre (ADF). Avrò modo di illustrarvi la sua organizzazione nelle prossime puntate, visto che c’è più che sufficiente carne al fuoco per questo interessantissimo documento.

Commento diplomatico

È assai utile agganciarsi al documento visto nella seconda puntata. Lì abbiamo visto un esemplare di litterae gratiosae, forma di documento con cui il pontefice accordava una grazia, un favore, qui vediamo un esemplare di littarae exsecutoriae, forma di documento con cui il pontefice dava un ordine, ingiungeva un comando. In entrambi i casi l’oggetto è la nomina di un vescovo. Ma allora perché documenti in forma diversa per lo stesso tipo di provvedimento? Nel primo caso il documento era diretto al sacerdote nominato vescovo dalla benevolenza del papa e allora si usa la forma di documento che esprime la concessione di un favore; in questo secondo caso il documento è diretto ai fedeli e quindi il papa dispone loro di accogliere colui che è dato loro quale vescovo.

Gli elementi che distinguono le littarae exsecutoriae dalle litterae gratiosae sono essenzialmente due:

  1. Nelle lettere graziose il primo rigo è adorno di elementi floreali e la lettera iniziale è particolarmente ornata di volute; nelle lettere esecutorie il primo rigo è privo di ogni ornamento. Ad eccezione dell’iniziale del papa, tutte le lettere sono solo minuscole; unico elemento distintivo è lo sviluppo delle aste superiori (litterae elongatae). L’iniziale, in questo caso la “I”, è evidenziata non da ornamenti ma da abbondante uso di inchiostro (encausto plena).
  2. Il filo da cui pende la bolla plumbea non è di seta, ma di comune canapa. I due monaci cistercensi incaricati di apporre la bolla, essendo illetterati, guardavano il primo rigo per capire se usare il filo di canapa o di seta.

Il filo veniva inserito attraverso due fori praticati nella plica (il bordo inferiore della pergamena ripiegato), poi i due capi venivano fatti passare per il foro che attraversava una sfera di piombo (appunto bulla, da cui il termine bolla dato comunemente ai documenti pontifici). La sfera di piombo veniva schiacciata in una pressa che la trasformava nel disco che noi vediamo e la matrice le dava l’impronta. La bolla plumbea cioè il sigillo papale ha seguenti due impronte:

  1. il retto, uguale per tutti i papi: una circonferenza perlinata entro la quale vi sono le effigi di San Paolo a sinistra e di San Pietro a destra, la prima sormontata dalla sigla in capitale maiuscola SPA (Sanctus Paulus), la seconda sormontata dalla sigla SPE (Sanctus Petrus).
  2. Il verso, proprio per ogni papa: una circonferenza perlinata entro la quale sono iscritti i seguenti tre elementi: a) il nome del papa, in questo caso Innocentius, b) l’abbreviazione PP (papa), c) il numerale ordinale indentificante il papa, in questo caso VI (sextus).

Che il sigillo (la bolla) sia conservato con il documento e non venga staccato per un’ipotetica raccolta (la stupidità umana non ha limiti) è di capitale importanza per poter datare con certezza il documento stesso.

Infatti leggiamo il protocollo (come ho detto ancora, la prima delle tre parti fondamentali di un documento, che nel presente caso occupa la prima metà del primo rigo): “Innocentius episcopus servus servorum Dei dilectis filiis populis civitatum et dioceseum Feltrensis et Bellunensis salutem et apostolicam benedictionem”.

Sappiamo che il pontefice che promulga il documento si chiama Innocenzo, ma non sappiamo quale tra i papi di questo nome, se il quarto, il quinto, il sesto.

Andiamo all’ultimo rigo in cui è espressa la data: “Datun Avenioni XI kalendas decembris pontificatus nostri anno secundo”. La data non è espressa nella forma dell’era volgare (cioè l’anno dalla nascita di Cristo, come noi siamo abituati) ma con l’anno di pontificato.

Insomma il documento è promulgato da un papa di nome Innocenzo nel suo secondo anno di pontificato. Ma per fissare l’anno preciso è necessario sapere quale papa di nome Innocenzo fosse: è l’informazione che ci è data esclusivamente dal sigillo (bolla) che ci dice che era il sesto di quel nome.

Innocenzo VI (Stefano Aubert) venne eletto papa ad Avignone il 18 dicembre 1352 e quivi coronato il 30 dicembre 1352. Da quest’ultimo giorno ha inizio il primo anno di pontificato di Innocenzo VI. Per sapere a che anno assegnare il documento è quindi necessario determinare il giorno e il mese a cui appartiene.

Il giorno nelle litterae apostolicae è sempre espresso secondo il calendario latino, qui: XI kalendas decembris. La corrispondenza con il nostro calendario è facile da ricavare con una formula semplicissima. La kalendae sono il primo giorno del mese del calendario latino; i giorni si numeravano, per la seconda parte di ogni mese, contando quanti ne mancavano per giungere alle calende del mese successivo. Ecco la formula che ci facilita: alla cifra dell’ultimo giorno del mese precedente alle calende menzionate si aggiunge due e si sottrae il numero indicato dal documento. Nel nostro caso:

30 (giorni di novembre) + 2 = 32 – 11 (cifra indicata dal documento) = 21.

Il documento è del 21 novembre del secondo anno di pontificato di Innocenzo VI, per trovare la corrispondenza con l’anno comune si usa questa formula:

  1. Se il documento è di un giorno precedente quello della coronazione:
    anno di coronazione + anno di pontificato = anno corrente
  2. Se il documento è di un giorno seguente quello della coronazione:
    anno di coronazione + anno di pontificato – 1 = anno corrente

Il nostro documento rientra nel primo caso (21 novembre è un giorno precedente al 30 dicembre) quindi: 1352 + 2 = 1354

E attraverso questi passaggi si conclude che il presente documento è stato promulgato dalla città di Avignone il 21 novembre 1354.

L’episcopato del vescovo Giacomo Goblin iniziò quindi nel 1354 e non nel 1353, come han sempre stancamente e pappagallescamente ripetuto i nostri annuari diocesani. Occupandosi di storia sarebbe buona norma tener conto quanto insegnava il grande Charles Seignobos, docente di metodologia storica alla Sorbona all’inizio del Novecento: «l’histoire se fait avec des documents…», con quel che segue!

Mi sono attardato nelle questioni riguardanti la più bella delle scienze storiche (la diplomatica) e pertanto il commento storico di questo documento sarà per la prossima puntata.