A cura di don Ezio Del Favero

136 – Le uova e le farfalle

I contadini confrontavano le uova dei loro pollai, per vedere chi le avesse più grosse, più tonde o più bianche

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All’arrivo della Primavera, in un altopiano sotto le montagne, gli abitanti dei villaggi della valle organizzavano un grosso mercato. Indossavano i vestiti da festa e si dirigevano sulla piazza principale del capoluogo per vendere ciò che avevano prodotto di più bello: corone di pane dorato, uova, utensili e statuine di legno scolpiti, cinture di cuoio… La stessa natura partecipava all’evento: i meli si rivestivano di bianco, le farfalle spiegavano le loro ali variopinte e i fiori i loro petali colorati.

Un giorno, al centro di quel grosso villaggio, come d’abitudine, i contadini confrontavano le uova dei loro pollai, per vedere chi le avesse più grosse, più tonde o più bianche. Solo una vecchietta taceva, in quanto possedeva solo una piccola gallinella tutta pelle e ossa, che non le aveva dato che tre piccole uova non più grosse di una biglia. La povera donna sospirava: «Sono sventurata, gallinella mia! Ti ho nutrita così male che le tue uova al massimo possono servire ai bambini per giocare a biglie! Siccome devo per forza vendere qualcosa per guadagnare qualche soldino, sono costretta a mettere in vendita te!». La gallinella la supplicò: «Pietà, padrona mia! Non voglio finire arrosto. Se mi terrete con voi, vi prometto per il prossimo anno di deporre le uova più straordinarie mai viste!». La vecchietta non le credette, ma si lasciò intenerire e rientrò a casa con la gallinella.

Passò un anno. La vecchietta, sempre più povera, era riuscita a dare alla sua piccola gallina solo qualche pugnetto di riso come mangime. La gallinella, sempre più deperita, per il giorno del mercato non avrebbe deposto che delle uova minuscole. Si nascose in un campo e si disse: «Che cosa mi succederà, dal momento che non sono capace di offrire che tre piccole uova non più grosse di una biglia? Stavolta la padrona mi venderà e finirò nel piatto di un ricco contadino!».

I fiori e le farfalle, che avevano sentito i lamenti della gallinella, si dissero: «Dobbiamo aiutarla!». Quella notte i fiori si stesero sul suolo, per formare una specie di lettiera multicolore al centro della quale chiesero alla piccola gallina di sdraiarsi. E le farfalle stesero le loro ali sopra di lei, come una coperta frusciante e variopinta.

Il mattino, la piccola gallina si svegliò, si sentì fresca e rinvigorita, si mise a cantare e depose una mezza dozzina di uova. E quelle uova erano straordinarie. Pur non essendo grosse, tutte possedevano i colori dell’arcobaleno. E a osservarle da vicino si potevano notare sul loro guscio dei piccoli disegni come quelli presenti sulle ali delle farfalle, tutti colorati come i petali dei fiori.

Tutta felice, la gallinella corse dalla sua padrona. Costei esaminò le uova una ad una e poi le sistemò nel suo grembiule affermando: «Hai mantenuto la tua promessa! Sono le uova più straordinarie che si possano trovare. Ho fatto bene a non venderti!».

Il giorno del mercato, le uova della vecchietta attirarono l’attenzione dei presenti, che addirittura si spintonarono per acquistarle. E la padrona guadagnò il denaro che non aveva mai visto in tutta la sua vita.

Da quel giorno, ogni anno, nel capoluogo di quell’altopiano, e poi in tutto il paese e nei luoghi vicini, gli abitanti provarono a copiare le uova della vecchietta, pitturando e decorando le loro. Ma non riuscirono mai a eguagliarne i colori e la delicatezza, in quanto la gallinella, i fiori e le farfalle conservarono il loro segreto…


Termina la parabola di origine nordica: «Da quel giorno, quando si annunciava la primavera e arrivava la Pasqua, le persone presero l’abitudine di decorare le uova ogni anno. Prima in quel piccolo villaggio e poi in altri Paesi del mondo».

 

Fin dall’antichità, alle uova è stato attribuito il significato di rinascita e di rinnovamento. In epoca pagana simboleggiavano la rinascita della natura che avveniva in primavera. Nell’antica Gallia, i druidi tingevano le uova di rosso in onore del sole. In primavera gli antichi Romani seppellivano nei campi un uovo colorato di rosso, per sperare di avere un buon raccolto.

Nel Medioevo, i cristiani presero l’abitudine di colorare le uova di Pasqua per celebrare la Risurrezione di Cristo. Inizialmente si regalavano uova tinte di rosso, il colore della Passione. Una leggenda racconta: «Maria Maddalena andò dai discepoli per annunciare la lieta novella che Cristo era risorto. Ma questi non le diedero retta. Pietro le disse: “Crederò a quello che dici solo se le uova contenute in quel cestello diverranno rosse”. Le uova contenute nel cesto portato da Maria Maddalena divennero improvvisamente rosse per miracolo, a confermare la lieta novella della donna».

Dal Medioevo le uova donate furono colorate non solo di rosso, ma anche di altri colori o impreziosite da splendidi disegni.

(Illustrazione di Lucia Coltamai)