A cura di don Ezio Del Favero

146 – Pratolina e Allodola

Il fiorellino, per dissetare la creatura che amava, le regalò la rugiada che i suoi petali contenevano

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Accanto a un bel giardino, in mezzo all’erba spessa ai bordi di un fosso, era sbocciata una Pratolina. Grazie al sole che la accarezzava con i suoi raggi, lei cresceva di ora in ora, insieme ai grandi e ricchi fiori del giardino.

Quando al mattino i suoi petali si aprivano, la Pratolina era felice e, con le sue foglioline bianche e brillanti, si sentiva come un sole in miniatura circondato dai suoi raggi. Non gli importava che la guardassero in mezzo all’erba come un povero fiorellino insignificante. Lei era contenta così, aspirava con delizia il calore del sole e ascoltava il canto dell’Allodola che si elevava in aria. Intuiva attraverso la bellezza della natura la bontà del Creatore e le sembrava che tutto ciò che provava nel silenzio l’Allodola lo esprimesse perfettamente attraverso i suoi canti gioiosi. Perciò guardava con rispetto l’uccellino che cantava e volava, senza provare alcun dispiacere di non poter fare altrettanto. Pensava: «Io posso vedere, posso sentire, il sole mi riscalda, il vento mi accarezza… Come potrei lamentarmi?».

All’interno del giardino si trovavano molti fiori distinti; meno profumo avevano, più si raddrizzavano. Le peonie si gonfiavano per apparire più grosse delle rose; i tulipani brillavano per la bellezza dei loro colori e si pavoneggiavano. Nessuno di loro degnava di uno sguardo Pratolina, mentre lei li ammirava dicendo: «Come sono ricchi e belli! Sicuramente l’uccellino andrà a trovarli. E grazie a Dio potrò assistere a quel meraviglioso spettacolo!».

Nello stesso istante, Allodola si diresse non verso le peonie e i tulipani, ma verso il fosso dove si trovava Pratolina. Intimorita ma piena di gioia, la piccola non sapeva che cosa pensare. L’uccellino si mise a saltellarle intorno cantando: «Come sei affascinante, fiorellino dal cuore d’oro e dall’abito d’argento!». Impossibile immaginare la felicità di Pratolina! L’uccellino la accarezzò col suo becco, cantò ancora e poi risalì nell’azzurro del cielo.

Pratolina era emozionata e felice! Guardò gli altri fiori che si trovavano nel giardino, pensando che condividessero la sua gioia… invece i tulipani si tenevano ancora più rigidi di prima esprimendo tutto il loro rancore e le peonie apparivano gonfie e risentite. Pratolina si accorse di questo e vi rimase male.

Più tardi, una ragazza entrò nel giardino, si avvicinò ai tulipani e li recise, uno dopo l’altro. La Pratolina pensò sospirando: «Che disgrazia! È terribile ciò che hanno subito i tulipani!», rallegrandosi di essere semplicemente un povero fiorellino nell’erba. Apprezzando la bontà di Dio e piena di riconoscenza, al calare del giorno Pratolina rinchiuse le sue foglioline, si addormentò e sognò tutta la notte il sole e la sua beneamata Allodola.

Il mattino dopo, mentre risbocciava, Pratolina riconobbe la voce dell’uccellino, ma il suo era un canto triste, perché imprigionato in una gabbia sospesa a un ramo.  Cantava la felicità della libertà, la bellezza dei campi verdeggianti e i suoi viaggi attraverso il vento. La Pratolina avrebbe voluto aiutare la creatura che amava, ma come fare?

Poi arrivarono due bambini con un coltello, tagliarono una zolla di muschio per l’uccellino prigioniero. E in quel fazzoletto d’erba vi era anche Pratolina, che così poté entrare nella gabbia, insieme all’amico. In quella prigione l’uccellino si lamentava della propria schiavitù. Quando affondò il becco nel muschio e vide la sua amata Pratolina, sorrise e accarezzandola col becco disse: «Anche tu, povero fiorellino, perirai come me, ma la tua presenza mi rasserena!».

Il fiorellino esalò il suo profumo più forte che poteva. E questo servì a rincuorare l’uccellino prigioniero, che si strinse a Pratolina in un abbraccio interminabile. Il fiorellino, per dissetare la creatura che amava, le regalò la rugiada che i suoi petali contenevano. Questo ridiede un po’ di forze al volatile prigioniero.

Il mattino seguente, però, i due bambini arrivarono e trovarono l’uccellino esanime, accanto al fiorellino sfiorito. Essi versarono delle lacrime e scavarono una fossa dove sotterrarono Allodola in un cofanetto prezioso. E sulla tomba seminarono delle rose. Mentre il muschio rinsecchito e il fiorellino sfiorito furono gettati ai bordi del fosso…


Termina la parabola raccolto in Francia: «Povero uccellino! Mentre era in vita e cinguettava, era stato dimenticato in una gabbia e lasciato morire di miseria; dopo la sua morte, invece, lo si piangeva ricoprendolo di onori! Povero anche il fiorellino, che si sarebbe meritato un po’ di riconoscenza, dopo aver teneramente amato il piccolo uccellino sino a donargli le sue ultime gocce di vita».