a cura di don Ezio Del Favero

65 – Il parco dei cervi

Una terra immensa circondata dai monti ospitava migliaia di cervi che vivevano all’interno di verdeggianti foreste...

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Una terra immensa circondata dai monti ospitava migliaia di cervi che vivevano all’interno di verdeggianti foreste. Il signorotto della zona amava cacciare. A cavallo, accompagnato dai suoi uomini, viaggiava per il paese all’inseguimento dei cervi. A ogni battuta di caccia, molte prede venivano uccise trafitte dalle frecce dei cacciatori e molte altre rimanevano ferite e fuggivano, scontrandosi mortalmente sulle rocce o cadendo nei fossati. Spesso una cerva si offriva come bersaglio per proteggere i suoi piccoli. Quella terra un tempo pacifica era diventata un inferno.

Un giorno, mentre il signorotto e i suoi uomini riposavano all’ombra, si avvicinò un cervo enorme. La bellezza e la stazza dell’animale, con le sue scintillanti corna, stupirono i cacciatori, al punto che, affascinati da quel magnifico esemplare, non pensarono neanche di sparargli. Era uno dei due cervi sovrani di quel dominio. Il re dei cervi s’inginocchiò davanti al signorotto e disse: «Molti dei miei amici cervi muoiono o sono feriti ogni volta che arrivi con i tuoi. Voglio fermare l’inutile strage siglando un accordo con te. La quantità di carne che siete in grado di mangiare deve avere il suo limite. Per favore dimmi di quanti cervi hai bisogno ogni giorno e te li manderò puntualmente. Ritengo che questa sia la soluzione migliore per proteggere i miei sudditi». Il Signore fu colpito nel sentire quelle parole e commentò: «Mi dispiace! Non sapevo che soffriste così per colpa mia. Ti prometto che d’ora in poi non andrò a caccia se mi darai un cervo al giorno».

D’allora, ogni giorno, i due cervi sovrani mandarono alternativamente al signorotto un cervo del loro rispettivo dominio. Sebbene in quel modo si evitasse una strage inutile, si trattava comunque di una tragedia per il cervo di turno. I sovrani dovevano incoraggiare il sacrificio del giorno, dicendo ogni volta: «Ogni creatura vivente è mortale e nessuno può sfuggire alla morte! Focalizziamo la mente sulla compassione dell’Altissimo. Egli sicuramente ci salverà dalla nostra sofferenza dopo la morte. Non proviamo pena né serbiamo rancore!». Dopo aver ascoltato quella riflessione, il cervo di turno lasciava la bella tenuta, marciando solennemente verso il palazzo del signorotto.

Il turno fatale arrivò a una cerva incinta. Si recò dal cervo sovrano e lo supplicò: «Aspetto un figlio tra pochi giorni. Ti prego, rivedi il tuo ordine e permettimi di dare alla luce il mio cucciolo. Mi recherò dal signorotto quando il piccolo potrà badare a sé». Il re dei cervi s’infuriosì: «Se faccio un’eccezione, l’ordine sarà interrotto. Mi rifiuto di cambiarlo!». Scoraggiata, la cerva si ritirò in lacrime. Ma non voleva arrendersi, perciò si recò nell’altro dominio e supplicò il cervo sovrano. Costui si commosse profondamente di fronte alle suppliche della cerva e convocò l’animale il cui sacrificio era previsto per il giorno successivo: «Saresti così gentile da andare dal signorotto oggi al posto di questa cerva?». Il cervo sacrificale rimase perplesso e disse: «Se fosse il mio turno di andarci oggi, lo accetterei come destino. Ma mi rimane ancora un giorno di vita. Più breve è il tempo che ci rimane, più la vita diventa preziosa. Non cambierei il tempo che mi rimane per niente o per nessuno!». Dopo averlo ascoltato, il re dei cervi non poté più insistere e capì che non aveva altra scelta che andarci lui stesso.

Il signorotto rimase stupito nel vedere che il cervo sovrano veniva a offrire se stesso in sacrificio. «Perché sei venuto tu qui oggi? Devi avere molti altri cervi nel tuo dominio». Il re dei cervi spiegò il motivo della sua venuta. Dopo averlo ascoltato, il signorotto si commosse e prese coscienza della sua stessa crudeltà. «Stai sacrificando la tua vita per salvare gli altri. Che grande generosità! Quanti cervi ho ucciso con i miei amici e non solo per nutrirci! Che vergogna!». Il signorotto, perciò, promise al re dei cervi che non avrebbe più mangiato i suoi simili da quel momento in poi e proibì anche ai suoi uomini di cacciarli.

La pace fu ripristinata in quella foresta tra i monti. In quel dominio, d’allora, i cervi vissero felici, senza alcuna minaccia.

La gente che popolava quella terra cominciò ad amare il cervo e finì col chiamare il proprio territorio “il parco dei cervi”.

E proprio il parco dei cervi divenne il luogo in cui il Buddha predicò il suo primo sermone dopo il suo mitico Risveglio…

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La parabola – raccolta in India – implica che un tempo quella zona (Benares), oggi rumorosa e brulicante, fosse immersa nelle foreste lussureggianti e fosse anche un luogo di eremo apprezzato da molti dei più grandi saggi dell’India. A nord si sarebbe trovata la foresta in cui si riteneva che il Buddha avesse pronunciato il suo primo sermone.