A cura di don Ezio del Favero

72 – Le fate della valle

Il giovane si pentì di non aver dato ascolto alla raccomandazione della fata e dovette accontentarsi di quelle briciole d’oro… 

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In una valle isolata, sotto le montagne, si diceva che tra i boschi domiciliassero delle buone fate, anche se nessuno le aveva mai viste. 

Nell’unico villaggio di quella valle viveva un giovane pastore, incaricato di pascolare il bestiame dei paesani al posto del padre, morto improvvisamente in montagna lasciando la famiglia senza risorse. La scelta si era rivelata ottima, in quanto il giovane era abile e attento: mai un incidente era accaduto agli animali e mai uno di essi si era perso.

Un giorno, addirittura, una magnifica mucca nera dalle grosse corna, più robusta delle altre, si aggiunse alla mandria. Lì intorno non c’erano fattorie e il giovane ben sapeva che, se nessuno avesse reclamato la vacca nera, sarebbe appartenuta a colui che l’avesse trovata. «Forse è un regalo del cielo!», si disse, pensando alla povertà sua e della madre. La mucca si mescolò tranquillamente alla mandria e obbediva al richiamo del corno del pastore come fosse sempre stata sua. 

La sera, mentre il giovane conduceva la mandria al villaggio, a un certo punto la mucca nera di discostò dalle altre e sparì in mezzo al bosco. Il pastore rimase deluso. Raccontò a sua madre dell’incidente e lei gli disse: «Forse la vacca nera tornerà domani. Non sarebbe male avere una bestia così! Ti darò una grossa corda. Se la mucca torna, legale le corna in modo sicuro, così da poterla portare qui. Visto che sei forte e volitivo come tuo padre, certamente ti seguirà!».

L’indomani, la mucca uscì dal bosco e si mescolò alla mandria. Il pastore ne fu felice. Al momento del ritorno, la bestia non fece resistenza quando il giovane le legò le corna e lo seguì obbediente. Ma a un certo punto spezzò la corda e fuggì nel bosco. Il giovane tornò a casa sconsolato. La madre: «Ti darò una grossa catena, acquistata al mercato da tuo padre, che di sicuro la mucca non riuscirà a spezzare!».

Il giorno dopo, la mucca nera tornò. La sera, il giovane le legò la catena alle corna, tenendo al polso l’altra estremità, per essere sicuro di non lasciarsela scappare. La mucca si lasciò guidare dal giovane pastore. Mentre la mandria stava per lasciare le pendici della valle, la vacca nera fece per allontanarsi, ma non in maniera brusca. Incuriosito, con la catena al polso, il pastore seguì la bestia verso il bosco, intuendo che stava dirigendosi verso un luogo misterioso, ma non terrificante. Del resto, lui non era un codardo. Dopo aver saltato ginestre, superato ruscelli, strofinato cespugli spinosi e attraversato varie fustaie, la mucca nera si fermò, in mezzo al bosco, di fronte a una grotta dove si diceva che vivessero le fate della valle. Tolta la catena, la mucca entrò nella grotta da sola. Poi da lì uscì una ragazza, bella come un angelo, con i vestiti del colore delle foglie e della nebbia. I suoi occhi erano di un verde delicato come il cielo all’orizzonte nei giorni più belli del tardo autunno.

La ragazza, con voce dolce e fresca come acqua di sorgente, si rivolse al giovane: «Non temere! Noi siamo le fate della valle e ti siamo riconoscenti per aver lasciato pascolare la nostra mucca con la mandria dei tuoi paesani. Desideriamo ricompensarti. Torna domani con un sacco e noi lo riempiremo di sorprese!». 

Tornando a casa, il giovane era felice: il mistero e la magia di quella avventura gli piacevano ancor più dell’idea di arricchirsi. 

L’indomani il giovane tornò presso la grotta con un grosso sacco vuoto. La sera la fata, consegnandogli il sacco pieno, gli raccomandò: «Come vedi, ti stiamo facendo un dono degno di un uomo valoroso. Ma un uomo davvero valoroso deve anche saper essere paziente. Perciò fai attenzione a questo: apri il sacco solo quando sarai a casa. Non dimenticarlo!».

Il giovane si diresse verso casa col sacco pieno e pesante, immaginando che dentro vi fossero delle ricchezze. Per strada si fermò tre volte per riprendere fiato. La prima volta si accontentò di osservare il sacco. La seconda volta lo tastò. La terza volta, vicino a casa, non seppe resistere alla curiosità e aprì il sacco. Man mano che ne tastava il contenuto, esso perdeva la sua durezza metallica e si sbriciolava. Alla fine, all’interno del sacco non rimasero che alcune pagliuzze d’oro.

Il giovane si pentì di non aver dato ascolto alla raccomandazione della fata e dovette accontentarsi di quelle briciole d’oro… 

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La parabola – raccolta nelle Ardenne (ai confini tra Belgio e Lussemburgo) – termina precisando: «Comunque il giovane pastore, nonostante si fosse ritrovato con poche pagliuzze d’oro, fu felice, in quanto il mistero e la magia di quella avventura gli erano piaciute davvero tanto…». Morale della storia: i boschi e le montagne nascondono dei segreti e delle sorprese riservati a chi li sa cogliere e apprezzare.