A cura di don Claudio Centa

Da Innsbruck a Feltre a Grigno

L’imperatore Leopoldo I d’Absburgo presenta al vescovo di Feltre il sacerdote Giacinto Poli per la pieve di Grigno

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Lettera patente dell’imperatore Leopoldo I d’Absburgo, il quale presenta al vescovo di Feltre il sacerdote Giacinto Poli ad essere investito della pieve di Grigno.
Innsbruck, 1701 ottobre 20.

A. Originale, pergamena, larghezza cm 45, altezza cm 25, plica cm 10. Inedito.
Sigillo in ceralacca rossa, rotondo (Ø cm 6,5) in capsa di legno (Ø cm 9,8) pendente con lisa di pergamena.

ADF, Pergamene, 31.

 

Questo documento che porta segni di stesura alquanto solenni, ci permette di soffermarci, seppur il più brevemente possibile, su una prassi canonica, quale il giuspatronato, così fortemente diffusa nella Chiesa feltrina in epoca moderna e con immancabili ricadute nella vita pastorale delle comunità.

Sul finire del Medioevo il territorio della diocesi di Feltre si trovò ad essere per i tre quarti inglobato nell’impero. Prima il Primiero nel 1373 e poi la Bassa Valsugana (territorio da Grigno a Novaledo) nel 1413, vennero annessi alla contea del Tirolo, possedimento degli Absburgo. L’Alta Valsugana, (territorio da Novaledo a Pergine) faceva invece parte del principato vescovile di Trento dal 1027, anno in cui il principato venne fondato.

Prima il principe vescovo di Trento, alla fine del Quattrocento, poi l’arciduca d’Austria e i sui dinasti, dall’inizio del Cinquecento, pretendevano di essere in possesso del diritto di scegliere i parroci (giuspatronato) delle parrocchie appartenenti al territorio da loro amministrato.

Si creò una situazione, per la quale dal Cinquecento il vescovo di Feltre non poteva nominare un parroco in una sola parrocchia della Valsugana o assegnare liberamente la vasta pieve di Primiero. Uno stato di cose alquanto diffuso in epoca moderna, di cui fornisco pochi, ma significativi esempi. Alla fine del Quattrocento, sulle 243 parrocchie che contava la diocesi di Worms, il vescovo poteva conferirne solamente due. Ad Augusta il vescovo poteva scegliere i parroci solo dell’8% delle sue parrocchie. Delle 30 parrocchie, in cui era organizzata la città Parigi nel Quattrocento, il vescovo poteva provvedere alla nomina dei parroci solamente in 6. Ben più frustrante la situazione per l’arcivescovo di Lione: su 392 parrocchie che contava la diocesi egli poteva conferirne solamente 21.

Alla vigilia dello smembramento del territorio imperiale dalla diocesi di Feltre (1786), vi erano nell’area imperiale 16 parrocchie (non contando le curazie): due di patronato ecclesiastico, esercitato dal principe vescovo di Trento (Pergine e Levico); dieci di patronato laico: in quattro esercitato dall’imperatore e in sei dai dinasti locali; una di patronato popolare (Canal San Bovo).

Nel corso del Cinquecento il vescovo e i vicari rigettavano queste presentazioni senza esito, in quanto i sacerdoti venivano immessi in possesso delle parrocchie dai funzionari laici locali in obbedienza ai mandati dell’imperatore o dei dinasti. Con il vescovo Rovellio si trovò il modus vivendi: i sacerdoti presentati dal preteso giuspatrono avrebbero avuto l’istituzione canonica del vescovo, se avessero superato il canonico esame scritto e orale previsto dal Concilio di Trento.

Nel caso specifico Leopoldo I presenta alla pieve di Grigno il sacerdote Giacinto Poli. Questi ricevette l’istituzione canonica l’anno seguente, nel 1702, dal vescovo Antonio Polcenigo. Poli resse la pieve sino alla morte avvenuta quarant’anni più tardi, nel 1742.

Del documento è da notare l’intitulatio (il nome dell’autore del provvedimento) con l’elenco delle varie cariche. Dal secondo rigo: “electus Romanorum Imperator semper Augustus, Germaniae, Hungariae, Bohemiae, Dal-/matiae, Croatiae et Slavoniae Rex, Comes Tyrolis et Goritiae etc.”

Nell’escatocollo (così si chiama tecnicamente la parte terminale di un documento, in essa viene espressa la data e annunciati i segni di corroborazione del documento) sono da notare gli anni di regno. Leopoldo I figlio dell’imperatore Ferdinando III nacque a Vienna il 9 giugno 1640 e ivi morì il 5 maggio 1705. Venne eletto re di Ungheria nel giugno 1655, re di Boemia il 14 settembre 1656, e, morto il padre il 2 aprile 1657, venne eletto imperatore il 18 luglio 1658.

Ora si notino le date del regno del documento: “regnorum nostrorum Germanici quadragesimo quarto, Hungarici quadragesimo septimo et Bohemici quadragesimo sexto”

Ora per trovare la corrispondenza tra la data di regno (se si possedesse solo questo dato) e l’anno corrente si adopera questa formula:

  1. Se il documento è promulgato in un giorno seguente al giorno d’inizio del regno:
    anno di inizio di regno  +   anno di regno  – 1  = anno nello stile comune.
    È il nostro caso: il 20 ottobre (data del documento) vien dopo il 18 luglio (giorno di inizio del regno: 1658 + 44 – 1 = 1701)
  2. Se il documento è promulgato in un giorno precedente al giorno di inizio del regno:
    anno di inizio di regno    +   anno di regno = anno nello stile comune
    I lettori facciano la prova con gli altri due anni di regno.

Ultima notazione: con gli anni di pontificato bisogna essere avvertiti che essi si computano non a partire dal giorno dell’elezione del pontefice, ma da quello della sua coronazione.