Nella chiesa di san Giovanni Bosco a Belluno nella mattinata di sabato 24 febbraio

Per rendere avvicinabile e possibile la comunione

Oltre cento donne e uomini della nostra diocesi hanno ricevuto la benedizione come ministri straordinari della comunione

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«Chiamati e mandati a rendere avvicinabile e possibile la comunione»: questo il cuore dell’omelia del vescovo Renato nella celebrazione eucaristica con i ministri della comunione. Riuniti nella chiesa di san Giovanni Bosco a Belluno nella mattinata di sabato 24 febbraio, più di cento donne e uomini della nostra diocesi hanno ricevuto la benedizione come ministri straordinari della comunione. Dopo un cammino di formazione, curato congiuntamente dall’ufficio per la liturgia e dall’ufficio di pastorale della salute, il mandato triennale ha formalizzato il loro prezioso servizio nella Chiesa.

L’occasione è stata propizia per ricordare quanto «la comunione eucaristica – sempre dall’omelia del Vescovo – che favorite e servite è anche la gioia di dedicarvi alla comunione di vita che deve animare le nostre comunità». Comunione eucaristica e comunione di vita, strettamente intrecciate, che rimandano l’una all’altra.

Al centro di questo ministero straordinario, che si affianca come aiuto a quello dei parroci, sembra non esserci tanto distribuire la comunione in chiesa, quanto il servizio ad una comunione più grande, nell’attenzione e nella relazione con quanti non possono partecipare alla celebrazione eucaristica e alla comunione, a causa della malattia o dell’età. Attraverso persone che portano la comunione a chi era assente la comunità si allarga, fa sentire la sua presenza e la sua concreta vicinanza anche a chi è costretto nella propria casa, facendolo sentire parte di un’unica famiglia.

Ad accompagnare la riflessione del mattino è stata poi l’immagine del roveto ardente, raffigurata nella controfacciata della chiesa di San Giovanni Bosco e riportata sul libretto con il rito della comunione ai malati: Mosè fa esperienza che davanti a Dio ci si deve togliere i sandali perché si è sul luogo santo; ma lo stesso sperimentiamo nell’incontro con ogni uomo e donna, soprattutto se piagati nel corpo o nello spirito, essi sono luogo santo, a cui avvicinarsi con delicatezza e grande rispetto.

Nell’incontro con sorelle e fratelli malati si riceve spesso una carica di fede e una testimonianza di vita: l’entusiasmo con cui molti si sono resi disponibili a questo servizio ha testimoniato che «si riceve più di quanto si dona».