La solennità della Messa del Crisma, nella mattina del giovedì santo, ha sempre grande fascino, per la presenza di quasi tutti i preti della diocesi, attorno al Vescovo, per la suggestioni di antichi inni, per il segno degli oli santi che vengono benedetti una sola volta all’anno e saranno usati nelle celebrazioni dei sacramenti in tutta la diocesi. Segno della dimensione universale della Chiesa è anche vedere tra i preti locali alcuni preti, che il colore della pelle rileva venire da lontano: probabilmente studenti delle università romane che in questi giorni intensi danno una mano nelle parrocchie della Diocesi. E nel catino absidale una rappresentanza di chierichetti, con i quali il Vescovo si è fermato alla fine della celebrazione.
Dopo il solenne ingresso in chiesa, il Vescovo ha ricordato quanti nel 2024 festeggeranno il 70° anniversario di ordinazione (don Pietro Bez e don Tarcisio Piccolin); quanti il 60° anniversario (don Evaristo Campigotto, don Mario Cecchin, don Bruno De Lazzer e don Aldo Giazzon); “prete d’oro” di quest’anno sarà il solo don Diego Soravia; “l’argento” sarà per don Giuseppe Bratti e don Christian Mosca. Quindi il Vescovo ha aggiunto «un pensiero particolare di riconoscenza e di augurio nel giorno del suo 84° compleanno al Vescovo Giuseppe».
E dopo aver ricordato i confratelli ammalati, ha richiamato con «memoria riconoscente», i preti morti dall’ultima Pasqua: don Giuseppe Minella, don Arrigo Campigotto, don Gino Dal Borgo, don Sergio Tessari, don Sisto Berton, padre Giuseppe Franco, don Lorenzo Dell’Andrea e don Giuliano Follin.
Nell’omelia, prendendo spunto da un particolare del Vangelo – «Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui» – il Vescovo ha posto una domanda: «Perché amiamo Gesù?». E ha richiamato le parole di Frédéric Boyer, un autore contemporaneo non molto noto, ma efficace:
«Perché amo Gesù? Non lo amo come si ama un personaggio. Non lo amo neppure come si ama una bella idea. Non lo amo come qualcuno di esemplare, come qualcuno in disparte, come qualcuno di lontano. Lui stesso non si lascia amare come qualcuno che sia interamente bello, perfettamente giusto. […] Perché amo Gesù. Perché non credo a un modello non incarnato, non personale, di amore e di giustizia. […] Perché Gesù stesso ha amato gente malata d’amore. Come Maddalena per esempio, e forse Giuda. Prima ancora di aver iniziato ad amare, siamo tutti malati come loro. E dopo Gesù, ci solo dei malati d’amore, in eterno. Se no, che cosa saremmo? Che cosa potremmo fare? Se no, che cosa avremmo?».
Tre diaconi hanno portato al Vescovo le grandi ampolle con gli oli; da ultimo il diacono Andrea Canal, che ha presentato l’olio del crisma, quello che verrà usato per la sua consacrazione presbiterale (il 4 maggio) e per la consacrazione del nuovo altare della Cattedrale.
A dare maggior intensità alle parole e ai riti, la presenza del nuovo Coro diocesano, diretto da don Sandro Gabrieli, alla sua prima esecuzione pubblica. Un plauso al cerimoniere don Alex Vascellari e a chi lo ha aiutato nel rendere bella e solenne, con sobrietà e compostezza, la celebrazione.