A cura di don Claudio Centa

Registri di Cancelleria

Registro di Cancelleria dei vescovi di Feltre Giacomo Rovellio (1584-1610) e Agostino Gradenigo (1610-1628)

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

ADF, Cancelleria vescovile, Libri gestorum, 1.

Descrizione fisica

Registro cartaceo, cm 23,5 x cm 30,5.
Coperta originale in cartone rigido con la scritta “Gestorum” e uno stemma vescovile la cui arma è stata abrasa, ma che molto presumibilmente era del vescovo Rovellio.
La coperta originale è stata rinforzata da una sovracoperta in cartone rigido.
Fogli 448.
Cartolazione originaria: 1-274 / 425-534.

ff. 1r-274v / 425r-486r: 1581-1609, vescovo Giacomo Rovellio.
ff. 486r-596v: 1610-1628, vescovo Agostino Gradenigo.
ff. 598r-599v: 1628, vescovo Giovanni Paolo Savio.

Importanza documentaria

Nel 1581, durante la sua prima permanenza a Feltre in veste di coadiutore del vescovo Filippo Maria Campeggi, il giovane presule Rovellio mostrò un particolare dinamismo pastorale e nello stesso tempo manifestò di avere una mente lucida per quanto riguardava l’ordinato lavoro burocratico della cancelleria vescovile. Infatti diede disposizione che i documenti della curia venissero registrati su sei diversi registri a seconda del genere di materie trattate dai documenti. Il Liber gestorum era un po’ il libro mastro, il direttore d’orchestra, in quanto in esso veniva registrata l’attività e gli spostamenti del vescovo.

Purtroppo i successori di Rovellio non continuarono a tenere questa organizzazione in sei serie di registri. Quella alla fine più omogenea è quella dei libri gestorum. In questo primo registro si trova l’attività di Rovellio e del suo successore Gradenigo. I vescovi seguenti da Giovanni Paolo Savio (1628-1639) a Bartolomeo Gera (1664-1681) fecero compilare in cancelleria questo genere di registri, che poi finirono rilegati all’interno dei volumi degli Atti Vari della cancelleria vescovile. Si torna a trovare questo genere di registri conservati autonomamente, così da costituire una serie, a partire dal vescovo Antonio dei conti di Polcenigo (1684-1724).

Veniamo a vedere questo registro relativamente all’attività del vescovo Rovellio. Il contenuto del registro può essere diviso in tre parti:

  • ff. 1r-20v: memoriale biografico dettato da Rovellio, che comprova la sua ricostruzione con diversi documenti in copia, relativi alle sue vicende sino alla nomina a vescovo coadiutore.
  • ff. 21r-32v: gli atti relativi alla sua permanenza a Feltre nel 1581 in qualità di vescovo coadiutore. Essi vanno dalla partenza da Salò (BS) sua patria (15 marzo 1581) ed arrivo a Feltre (19 marzo) fino al suo ritorno a Salò (16 luglio 1581)
  • ff. 32v-274v / 425r-486r: gli atti relativi al suo episcopato, dal 12 aprile 1584 (arrivo a Feltre per celebrare le esequie di Filippo Maria Campeggi e prendere possesso della diocesi) al 23 settembre 1609.

Nel registro vennero annotate le sacre ordinazioni, e celebrazioni liturgiche di rilievo presiedute dal vescovo, la nomina dei collaboratori (vicari generali, cancellieri, notai di curia), gli spostamenti del vescovo.

Ma i documenti particolarmente preziosi contenuti nel registro sono i decreti dei sinodi diocesani celebrati da Rovellio.

Il primo sinodo diocesano a Feltre dopo il Concilio di Trento

Il concilio di Trento aveva stabilito che i vescovi dovevano celebrare il sinodo diocesano ogni anno. Si trattò di una scadenza temporale che anche i più volenterosi non riuscirono a tenere: san Carlo Borromeo a Milano celebrò undici sinodi diocesani nell’arco di vent’anni, dal 1564 al 1584, con un ritmo annuale solo nell’arco di tempo dal 1578 al 1584, anno della sua morte. Giovanni Francesco Bonomi, vescovo di Vercelli, profondamente amico del Borromeo, riuscì a celebrare un sinodo all’anno dal 1573 al 1584. Si potrebbe addurre il caso del cardinale Gabriele Paleotti, a capo della diocesi di Bologna, come esempio di vescovo che applicò il dettato conciliare; infatti nei suoi 31 anni di episcopato, egli celebrò 28 sinodi, praticamente uno all’anno. Ma Paleotti, come il cardinale Agostino Valier, vescovo di Verona, che riuniva ogni anno il presbiterio diocesano in assemblea, presiedono delle riunioni di preti che non si concludono con la promulgazione di decreti. In questi casi il sinodo aveva il significato prevalente di attività pastorale di incontro del vescovo con il suo clero, ma nell’ottica di Borromeo il sinodo costituiva un momento istituzionale teso alla legislazione ecclesiastica locale. In verità solo le riunioni concepite al modo del Borromeo si possono considerare canonicamente dei sinodi.

Giacomo Rovellio aveva preso possesso della diocesi di Feltre nell’aprile del 1584, celebrò il suo primo sinodo diocesano l’anno seguente. Era anche il primo sinodo che veniva celebrato a Feltre dalla chiusura del concilio di Trento.

La diocesi di Feltre riguardo ai sinodi diocesani detiene un doppio record: uno positivo ed uno negativo. Partiamo da quest’ultimo. Feltre fu l’ultima delle diocesi venete a celebrare il sinodo diocesano dopo il concilio di Trento. Il concilio, come ho detto sopra, aveva stabilito la celebrazione annuale del sinodo; l’assise si chiuse nel 1563 e negli anni a ridosso le diocesi venete si attivarono a dare esecuzione al disposto conciliare. Nel corso del 1564, ad otto mesi dalla chiusura del concilio, fu Padova la prima in Veneto a riunire il sinodo, in ordine di tempo seguirono Chioggia, Adria, Venezia e Treviso. Nel corso del 1565 fu la volta di Belluno, Vicenza, Ceneda e Aquileia, nel 1566 Verona e nel 1567 Concordia. A Feltre nulla. Degli strumenti che il concilio chiedeva al vescovo di attuare decisamente (visite pastorali, sinodi e seminario) Filippo Maria Campeggi si dedicava con costanza solo alle prime. E così a Feltre, a differenza di tutte le altre diocesi venete, nelle quali i sinodi si riunirono tempestivamente, trascorsero ben 22 anni prima che si convocasse il sinodo.

Feltre però si riscattò con un record positivo. Infatti Feltre e Adria furono le sole due diocesi venete, nelle quali per un certo arco di tempo vennero celebrati sinodi quasi annualmente. Ad Adria il vescovo Giulio Canani presiedette otto sinodi dal 1564 al 1583 e a Feltre Rovellio ne celebrò sette dal 1585 al 1598.

Ma veniamo a vedere come si svolgevano i sinodi diocesani presieduti da Rovellio seguendo da vicino il primo di essi (ff. 77v-94r).

Il 1° aprile 1585 venne inviato a tutti i sacerdoti della diocesi l’editto di indizione. Nel prologo, il Rovellio diceva diffusamente che voleva obbedire a quanto era stato stabilito dal concilio di Trento e fissava come data di riunione del sinodo il prossimo 9 maggio. Al Sinodo dovevano prendere parte tutti i sacerdoti e tutti i diaconi della diocesi. Dovevano essere presenti a Feltre già la sera dell’8 maggio per comparire alla presenza del cancelliere vescovile, che accanto ai singoli nomi dell’elenco del clero diocesano avrebbe annotato la presenza o l’assenza.

Al sinodo dovevano prendere parte 95 sacerdoti e tre diaconi. Gli assenti furono in tutto 18 sacerdoti, tra i quali ben otto beneficiati della cattedrale, gli altri dieci assenti appartenevano al clero delle parrocchie. Da notare che nessun parroco fu assente: era presente il pievano di Pergine, il più lontano di tutti, e il curato di Lavarone, che tra tutti aveva da affrontare la strada più ardua. Come dicevo nella puntata precedente questi elenchi stilati in occasione del sinodo sono particolarmente preziosi perché da essi sappiamo l’esatta consistenza del clero della diocesi e il numero di preti per singola parrocchia. Su questo elenco sto lavorando per un articolo che spero compaia entro la fine dell’anno.

Come da programma il sinodo si svolse in una sola giornata. Alle prime luci del giorno il clero si radunò in cattedrale dove il vescovo celebrò la messa solenne dello Spirito Santo. Un frate agostiniano del monastero cittadino di Ognissanti tenne una riflessione spirituale, dopodiché un mansionario della cattedrale lesse il decreto di apertura del Sinodo. Terminata la Messa ebbe luogo la processione con il Santissimo Sacramento per le vie della città

I lavori sinodali si tennero nel pomeriggio. Ogni singolo sacerdote prestò personalmente innanzi al vescovo la professione di fede. Seguì una serie di elezioni ad incarichi di carattere diocesano. I sacerdoti scelsero così tra loro: gli esaminatori dei candidati agli ordini sacri e ai benefici; i giudici sinodali, incaricati di vigilare sull’applicazione delle norme sinodali; un deputato del clero per la commissione del Seminario.

La parte centrale fu la lettura dei decreti sinodali già preparati dal vescovo.

Alla conclusione del sinodo venne dato l’annuncio della data in cui si sarebbe celebrato il successivo sinodo: l’8 maggio 1586. Seguirono quindi le acclamazioni liturgiche di rito eseguite dall’assemblea dei sacerdoti.

Uno sguardo ai decreti ci permette di dire che essi trattano quasi esclusivamente del ministero pastorale dei sacerdoti (predicazione e celebrazione dei sacramenti) e della loro disciplina morale (obbligo dell’abito ecclesiastico, pene gravi contro i concubini). Le costituzioni manifestano la funzione del sinodo come mezzo per portare a conoscenza del clero locale le decisioni conciliari. Infatti la prima parte delle costituzioni mette nelle mani dei sacerdoti un vademecum di provvedimenti già esistenti, la maggior parte dei quali sono alcuni dei canoni conciliari tridentini sulla disciplina del clero, ma vi sono anche leggi papali e provvedimenti del vescovo.

Quanto al ministero sacerdotale le costituzioni si diffondono sulla dignità della Messa e danno norme dettagliate circa il decoro degli altari e della suppellettile sacra. Parroci e capellani sono tenuti a fare la predica sul vangelo almeno in giorno di domenica. Altre norme riguardano il sacramento della confessione, con la dichiarazione dei casi riservati, la visita agli infermi e la loro assistenza spirituale

Quanto ai fedeli si danno norme precise in primo luogo circa l’osservanza del riposo festivo, il prendere parte con devozione alla Messa, l’obbligo di partecipare al catechismo (sia bambini che adulti), circa la comunione pasquale e la celebrazione del matrimonio.