A cura di don Vito De Vido (2ª domenica del tempo ordinario - anno C)

Un Dio che ama la gioia

Gesù accetta di stare in compagnia e di far festa, condivide questa gioia con i discepoli

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Se avessimo un po’ di tempo dovremmo cercare di annotare quante volte Gesù si trova a un pranzo, una cena o invitato in casa di amici e discepoli.

Nel Vangelo di Giovanni la prima partecipazione di Gesù è a una festa di nozze, con Maria e i discepoli. Il Vangelo non specifica se Maria e Gesù fossero parenti degli sposi, e come mai l’invito sia stato esteso anche agli apostoli. Qualcuno una volta ha fatto notare che, invitando dodici uomini in più alla festa, per forza il vino non sia bastato!

Lasciando da parte le motivazioni per cui chi ha organizzato la festa non ha fatto bene i calcoli sulla quantità di vino necessario, il Vangelo ci fa notare altre cose.

Prima di tutto siamo a una festa, una festa di nozze. Ci piace vedere Gesù che accetta volentieri di stare in compagnia, di far festa. E che condivida questa gioia con i discepoli. Se tralasciamo il digiuno nel deserto, i vangeli non ci raccontano mai di penitenze o rinunce di Gesù. Quest’aspetto del Salvatore non è secondario: per parlare del Regno dei Cieli Gesù usa più volte parabole in cui il banchetto, lo stare insieme, è centrale. Se pensiamo al Paradiso Gesù vuole che lo pensiamo gioioso, una bella festa, in cui ciascuno si sente accolto e si rallegra della presenza degli altri commensali.

Sembra andare tutto bene, ma Maria con discrezione, si avvicina a Gesù, per avvertirlo che il vino è finito. Mi piace vedere anche Maria molto attenta e anche se è invitata e non ha organizzato lei la festa si dispiace che non tutto sia perfetto per non turbare la gioia degli sposi e della festa.

Gesù non sembra entusiasta di questa confidenza. Quando le risponde sembra quasi sgarbato, non la chiama neppure madre, ma “donna”. C’è un’altra volta nel Vangelo in cui Gesù chiama sua madre “donna”. Ci viene subito in mente: sulla croce, quando desidera che Maria prenda come figlio Giovanni, e che Giovanni accolta Maria come madre. La festa di nozze senza vino si collega strettamente all’ultima cena, in cui Gesù usa il vino per donarci se stesso con il pane: suo Sangue e suo Corpo. Sul Calvario, ormai morto, quando il suo cuore viene aperto dal colpo di lancia l’acqua e il sangue che ne escono ci fanno vedere il Sacrificio di Cristo presente nell’Eucaristia. L’ultima cena è la festa di nozze: non più l’agnello, non più il sangue da spargere sugli stipiti della porta: Gesù è lo sposo dell’umanità che ci nutre con la sua presenza.

Maria non insiste con Gesù, ma sa in cuor suo che non rimarrà inerte, lasciando che la festa si interrompa. Va dai servi e raccomanda: «Fate quello che vi dirà». Come a dire “abbiate fede”, anche se non doveste capire, non preoccupatevi, obbedite a mio Figlio.

È bello vedere che Gesù nei suoi miracoli parte sempre da qualcosa di materiale: moltiplica i pani e i pesci che gli vengono offerti da un ragazzino; guarisce un cieco ponendo del fango sui suoi occhi, tocca i malati, li prende per mano, impone le mani: abbraccia i bambini, si lascia sfiorare da quella povera donna malata che immediatamente guarisce, chiede da bere alla donna samaritana, si lascia ungere i piedi e il capo con profumo prezioso. Anche per questo miracolo, non vuole partire dalle anfore vuote: le fa riempire d’acqua. I servi devono fare la loro parte, faticano per collaborare all’opera miracolosa di Cristo. Ecco: Dio ci vuole operosi, non basta solo la preghiera (non c’è più vino), occorre fidarsi (fate quello che vi dirà), si deve agire (riempite le giare). E poi si viene inviati: «attingete e portatene al maestro di tavola».

I servi si trovano a essere i primi testimoni del miracolo. Hanno ascoltato Maria, hanno collaborato e obbedito a Gesù. Non sapevano neppure cosa sarebbe successo, e il Vangelo non ci dice se lo avranno raccontato a tutti. Ma il maestro di tavola chiama lo sposo e si complimenta per l’ottimo vino, dicendo che questo che è stato servito è migliore di quello di prima.

È la presenza di Gesù, è il suo dono alla festa. Quello che rende migliore la nostra vita è partecipare all’opera di salvezza di Gesù. Mettere in pratica i suoi insegnamenti, seguirlo mentre compie miracoli e mentre predica, entrare nel cenacolo per salire sul Calvario. Testimoni di quella tomba vuota da cui ha inizio la nostra fede: giorno di festa e di risurrezione, vittoria definitiva sul peccato e sulla morte.