Lungo quest’anno, Dio ci ha benedetti
È il canto del Te Deum che ogni anno dà solennità e colore alla liturgia del 31 dicembre. Nell’omelia dell’ultima celebrazione del 2021 in Cattedrale, il vescovo Renato ha voluto anzitutto confidare «una parola bella sulla Chiesa; sulla Chiesa di oggi così “umana”, perché ha attraversato tante fragilità e ha conosciuto anche il peccato che l’ha lacerata, ma essa è ancora il popolo di Dio pellegrino, è ancora la manciata di discepoli che non lasciano Gesù». Ha quindi ricordato «il volto di papa Giovanni Paolo I», di cui da poco è stata annunciata la beatificazione: egli «riflette per noi le tante volte in cui Gesù, nel suo camminare e incontrare uomini e donne o nel suo sostare con i discepoli, ha pronunciato come annuncio, come benedizione e come promessa: “Beati voi… beato/a te…”».
Poi l’invito a esprimere gratitudine, perché la Chiesa ha ancora “parole belle” da pronunciare, che «sgorgano da un cuore riconoscente». Ha detto il Vescovo: «siamo qui perché Dio, anche lungo il tempo di questo anno, ha avuto pietà di noi e ci ha benedetti, non avendo mai pensato di castigarci o di abbandonarci; perché ha fatto splendere il suo volto sulle nostre ferite, avendole sempre curate con “olio della consolazione” e “vino della speranza”, come il Samaritano lungo la strada impervia ed esposta a pericoli che va da Gerusalemme a Gerico».
Ma il Te Deum di fine d’anno – ha precisato – è anche «fidarci della benedizione del Signore, fino al punto di circoscrivere dissapori, inimicizie, rancori, rivendicazioni, odio, divisioni, sospetti e scomuniche vicendevoli, ingiurie».
«Non dimentichiamo quel nome!»
Così si è aperta l’omelia delle solenni celebrazioni del 1° gennaio, che il Vescovo ha presieduto al mattino nella Concattedrale di Feltre e alla sera in Cattedrale a Belluno. Intendeva il nome di Gesù, che il vangelo del giorno ricordava essere stato imposto al Bambino di Betlemme, «quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione». All’inizio dell’anno civile «fa bene a noi ricordarlo, ricollocarlo nei nostri pensieri, nei nostri affetti, nel nostro operare». Di qui l’augurio rivolgo a tutti «di portare quel nome e di essere chiamati così: “Il Signore salva”», come nell’etimologia del nome di Gesù.
Da 55 anni la celebrazione del capodanno è anche Giornata mondiale della pace. Richiamando il messaggio del Papa, anche il Vescovo ha sottolineato come la costruzione della pace sia spesso lontana dalla vita quotidiana, come se il problema riguardasse “chissà chi”, perché «continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale».
Infine il Vescovo ha evidenziato il “cammino sinodale”, cui anche la nostra diocesi comincerà a partecipare fra qualche settimana, in sintonia con tutte le Chiese d’Italia, per offrire un contributo anche al Sinodo dei Vescovi 2021-2023, che il Papa ha aperto al coinvolgimento di tutti. Ma con il testo preparatorio, ha precisato che lo scopo del Sinodo «non è produrre documenti, ma “far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani”». [DF]