Parole di commossa gratitudine

Omelia nell’Assunzione di Maria - Santuario del Nevegal
15-08-2021

Ap 11,19a; 12,1-6°.10ab; Sal 44; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1,39-56

«Dio, mio salvatore, […] ha guardato l’umiltà della sua serva». Sono parole di commossa gratitudine. Sembrano inondate da lacrime di gioia: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore».

Maria si è lasciata guardare da uno sguardo creatore e salvatore. Lei non si è nascosta, perché Dio non è uno spione, ma Egli è amante che crea e salva. Maria non è scappata, anzi si è lasciata avvolgere dall’amore che chiama e responsabilizza. Ed è un amore che libera dalle paure e dalla vergogna della propria indegnità. Dio è salvatore, è il liberatore: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e santo è il suo nome».

In quello sguardo di Dio, Maria ha ritrovato sé stessa, la propria trasparente bellezza. Ognuno di noi è così dinnanzi allo sguardo stupito e creatore di Dio, colui che «ha innalzato gli umili».

Se cerchi la verità di te stesso, quella che non ti disprezza ma ti innalza, ecco c’è lo sguardo di Dio che ama, libera, avvolge di misericordia: «Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia».

Così Maria ci racconta lo sguardo di Dio su di lei. Sì, si è lasciata guardare da Dio: è la scelta di Maria che cambia la sua vita. Tutto il Magnificat descrive questo spostamento di sguardo. Maria sceglie lo sguardo di Dio. La sua vita, dunque, si illumina, esce dall’abbandono della solitudine, si fa leggera al soffio dello Spirito di Dio. Lo sguardo di Dio coglie in pieno la nostra umanità e la apre all’incontro con Lui. Elisabetta sussurra a Maria questa verità: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Tutti noi cerchiamo uno sguardo che ci renda “beati”, compresi, accolti, ospitati e protetti; uno sguardo che ci apra su nuove vedute, nuovi incontri, che faccia rifiorire ciò che sentiamo arido e scartato nella nostra vita.

Maria sempre ci racconta che Dio è così, va ritrovato su questa strada che lei ha sperimentato.

Lo auguro di cuore a ciascuno di voi. Maria non è una incantatrice, una produttrice di fenomeni paranormali. Maria non gioca con i “fuochi d’artificio”. Neppure Maria, secondo il racconto evangelico, è una “profetessa di sventure”. Lei non ha in odio nessuna parte di questa umanità.

È stupita dello sguardo amante e liberante di Dio e si mette sulle nostre strade per cantarci il suo Magnificat, perché anche noi possiamo accogliere quell’essere beata che lei intende condividere con noi, così come ha fatto con Elisabetta.

La scena dell’abbraccio tra Maria ed Elisabetta è il racconto più intimo e più universale del mistero di Dio, è la parabola più bella di come Dio ci pensa, ci attende, ci sogna e ci salva. Così ci ha creati.

Smettiamola di indurre paure e di prendere le distanze e di distribuire messaggi di terrore e di catastrofi.

L’andare di Maria da Elisabetta è la scena che il Vangelo ci consegna perché diventi anche la nostra vita; diventi ciò che perseguiamo, ciò che doniamo, ciò che testimoniamo.

Anche questo tempo difficile ci ha lasciato un desiderio insaziabile di ciò che Maria ha sperimentato con Dio, lasciandosi avvolgere dal suo sguardo rigenerante che salva liberando e amando. Abbiamo sentito forte l’esigenza di ritrovare quel cammino di incontro, “di fretta nella premura dell’amore” che ha percorso Maria per incontrare Elisabetta e condividere il Vangelo di Gesù che sempre deve venire nella nostra vita.

Il transito di Maria, il suo passaggio tra terra e cielo, è l’arcobaleno che Dio pone tra noi e Lui, perché lo possiamo annunciare e già anticipare come hanno fatto nel loro incontro e abbraccio Maria ed Elisabetta.