«San Martin m’ha mandà qua, se me fé la carità…»: così recita lo stornello che in Agordino viene usato dai bambini nella vigilia della festa, passando di casa in casa, per ottenere un pugno di nocciole o arachidi o caramelle. Ci è parso di immaginare che anche la comunità diocesana di Belluno-Feltre sia oggi entrata in cattedrale, invitata dal suo patrono, per chiedere un dono: ovviamente non caramelle o noccioline, ma il dono di un nuovo inizio per i consigli pastorali unitari che si stanno completando nelle varie parrocchie.
Dopo la comunione, un membro del consiglio pastorale diocesano uscente ha letto una preghiera, in cui si è espressa gratitudine per il cammino fatto negli ultimi cinque anni. Poi un rappresentante per ogni nuovo consiglio ha ricevuto dal Vescovo una rappresentazione della Cena di Emmaus, icona del nuovo cammino a cui la Chiesa intera è chiamata.
Infatti i due discepoli di Emmaus – ha ricordato il Vescovo nell’omelia e nella lettera pastorale pubblicata per l’occasione – erano in cammino, quando hanno avuto l’inatteso incontro; ma anche Martino è per strada «nell’episodio più ricordato della sua vita, è – a cavallo», quando incontra colui che poi gli avrebbe cambiato la vita.
«“Stare sulla strada”, mi pare rappresenti un inedito per il nostro vivere, un appello a cui corrispondere. Anche il personaggio evocato nella prima lettura è posto sulla strada, infatti è “mandato a portare il lieto annuncio ai miseri”. E, invece, quanta fermezza e sedentarietà di sentimenti e di pensieri, quanta rivendicazione di identità statica, quanta stabilità di potere, quanta inamovibilità di progetti, quanto riposizionamento sulle nostre cose… caratterizzano la nostra quotidianità di vita, il nostro incontrarci, le forme del nostro partecipare al bene comune. Spesso l’atteggiamento e lo stile con cui ci si incontra resta circospetto. Anche tra comunità parrocchiali, tra paesi viciniori, tra gruppi, tra persone, tra preti si impostano rapporti vincolati al proprio recinto, barricati nelle presunte proprietà…».
E così – citando le Linee guida per il cammino sinodale – il Vescovo ha rivolto questo invito alla sua diocesi: «di non rimanere chiusa nei suoi luoghi protetti, ma di frequentare i crocevia, dando la forma del Vangelo alla vita reale». Con un augurio, caldeggiato nell’omelia e ripreso nella benedizione finale: «Lo auguro a ciascuno: attaccatevi al bene! Non importa se piccolo e fragile: attaccatevi ad esso, ogni giorno, ad ogni ora! Nel nostro territorio, in questa Città, attacchiamoci al bene, da ogni parte, ovunque sia!».
Tutto questo in una Cattedrale addobbata a festa come nelle grandi occasioni, con i banchi gremiti e le autorità in prima fila, e l’animazione musicale curata da un ensemble di varie corali provenienti dalle parrocchie del feltrino. Sugli stalli del coro, che si sta lentamente componendo secondo il progetto di adeguamento annunciato, una folta rappresentanza del presbiterio attorno all’altare.
«…se me fé la carità…»: di san Martino resta soprattutto la testimonianza della carità. Come ha detto il Vescovo, egli «ha detestato il male, si è attaccato al bene; ha amato con affetto fraterno, ha gareggiato nello stimare gli altri”; è stato “fervente nello spirito, lieto nella speranza, perseverante nella preghiera, premuroso nell’ospitalità». [DF]